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“Edipo Re” [da Sofocle] di Andrea De Rosa

Ci sono testi teatrali che resistono al tempo non solo per la loro bellezza formale, ma perché continuano a porci domande fondamentali sull’esistenza umana. Edipo Re di Sofocle è uno di questi. Non è solo una tragedia, ma un enigma filosofico, un labirinto di oracoli e ironie crudeli in cui il protagonista si perde nel tentativo di trovare la verità.

Vedere oggi Edipo Re a teatro significa confrontarsi con una delle più vertiginose esplorazioni del rapporto tra libertà e necessità, tra il potere della parola e l’inesorabilità del fato. È il dramma di un uomo che, credendosi padrone del proprio destino, scopre di esserne il burattino. Ma anche il dramma di una società che si aggrappa disperatamente alla razionalità per cercare di comprendere l’incomprensibile.

Un’indagine che diventa condanna

Edipo è il re di Tebe, il salvatore della città, l’uomo che ha sconfitto la Sfinge grazie alla sua intelligenza. Ma quando la peste devasta la sua terra, la sua capacità di investigare e interpretare il mondo lo spinge in una spirale autodistruttiva. Come un detective tragico, Edipo segue le tracce di un antico crimine, senza rendersi conto che l’assassino che cerca è lui stesso.

L’ironia drammatica di Sofocle è implacabile: il pubblico sa già tutto, mentre Edipo scopre la verità un frammento alla volta. Ogni parola che pronuncia per avvicinarsi alla luce lo trascina più a fondo nelle tenebre. E quando finalmente arriva alla piena conoscenza, l’unica via d’uscita è il buio: si acceca con le fibbie della veste di Giocasta, la madre-moglie che ha preferito impiccarsi piuttosto che affrontare l’orrore della rivelazione.

Un testo universale e spietato

Cosa rende Edipo Re così attuale? La sua brutalità intellettuale. Sofocle non lascia spazio a illusioni consolatorie: il sapere non redime, la verità non salva. Al contrario, chi cerca la conoscenza rischia di esserne distrutto.

In un’epoca come la nostra, ossessionata dalla trasparenza e dalla ricerca della verità a ogni costo, Edipo Re suona come un monito: siamo davvero pronti a conoscere tutto? Possiamo davvero reggere il peso di ciò che ci aspetta dietro la porta della consapevolezza?

Non a caso, Freud ha visto in questa tragedia il simbolo delle pulsioni nascoste, delle verità rimosse che governano l’inconscio. Ma oltre alla psicanalisi, Edipo Re parla anche alla nostra società ipertecnologica, che si affida ciecamente ai dati e agli algoritmi per prevedere il futuro, ignorando che a volte il futuro è un orrore che non vorremmo mai vedere.

La potenza del coro: la voce della comunità

In questa tragedia, il coro non è solo un elemento stilistico, ma un vero e proprio specchio del pubblico. La sua funzione è duplice: da un lato commenta gli eventi, dall’altro incarna la paura e lo smarrimento di un popolo che assiste impotente al crollo del suo leader.

Le sue parole finali sono tra le più disperate della storia del teatro:

“Non dite mai di un uomo che è felice, finché non sia arrivato il suo ultimo giorno.”

È una sentenza spietata, che demolisce ogni idea di sicurezza. Nessuno può dirsi davvero al sicuro, nessuno può affermare di aver evitato il disastro finché non avrà vissuto fino all’ultimo respiro.

Una messa in scena che esalta il destino

Ogni regia di Edipo Re è una sfida: come rendere visibile l’invisibile? Come mettere in scena un fato che è già scritto, ma che si rivela a poco a poco? Alcuni registi scelgono di enfatizzare il realismo, altri puntano su atmosfere oniriche e simboliche.

Le migliori interpretazioni sono quelle che lasciano lo spettatore con un senso di inquietudine crescente, rendendo palpabile il meccanismo della tragedia come una macchina perfetta, che stringe la sua morsa attorno a Edipo senza dargli scampo. Un’ottima regia riesce a tradurre questa tensione con giochi di luce, ombre che divorano gradualmente il protagonista, oppure con movimenti scenici che sottolineano il progressivo isolamento di Edipo rispetto al resto della comunità.

Il vero banco di prova, però, è sempre l’attore che interpreta Edipo. Deve essere un uomo che crede ciecamente nella sua forza, per poi sgretolarsi di fronte alla realtà. Deve passare dall’arroganza alla disperazione con una naturalezza che renda credibile il suo crollo. È un ruolo di una difficoltà estrema, che richiede un’intensità emotiva e una profondità psicologica fuori dal comune.

Un dramma eterno

Alla fine, Edipo Re non è solo il racconto di un destino ineluttabile. È anche una riflessione sulla fragilità umana, sulla nostra eterna lotta contro il caso, sulla nostra illusione di poter controllare il futuro.

Sofocle ci lascia con un senso di vertigine: ogni uomo è un Edipo in potenza, ogni ricerca della verità è un rischio. Possiamo evitare il nostro destino? O, paradossalmente, ogni tentativo di sfuggirgli ci porta esattamente nella sua direzione?

Questa è la grandezza di Edipo Re: continua a risuonare dentro di noi, costringendoci a guardare nel buio della nostra stessa esistenza. E, come Edipo, a domandarci se siamo davvero pronti a vedere.

[Michele – michele@piemontechic.com]